Chi si chiede quale pensione integrativa fare ha davanti a sé diverse possibilità per quanto riguarda la previdenza complementare, che non sostituisce assolutamente quella obbligatoria.
La principale distinzione in merito riguarda la differenza tra fondi aperti e fondi chiusi.
Fondi pensione aperti: di cosa si tratta
Iniziamo a entrare nel vivo delle risposte a quale pensione integrativa fare parlando dei fondi aperti. A livello tecnico si tratta di fondi pensione che garantiscono il capitale – non hanno nessuna valenza assicurativa – e che possono essere sottoscritti da qualsiasi lavoratore, a prescindere dal settore in cui opera e dall’eventuale iscrizione a un’associazione di categoria.
Fondi pensione chiusi: ecco cosa sono
La seconda definizione importante da capire quando si entra nel dettaglio di quale pensione integrativa fare è legata ai fondi chiusi.
Cosa sono? Come dice il termine stesso, si tratta di fondi pensione che non sono accessibili a tutti i lavoratori, ma solo a chi è iscritto a una determinata associazione di categoria od opera in un settore specifico.
Tra i più celebri esempi di fondi pensione chiusi in Italia è possibile ricordare il Fondo Cometa, caratterizzato da adesione volontaria e riservato ai lavoratori attivi nel settore metalmeccanico.
I lavoratori possono scegliere se destinare ai suddetti fondi parte del proprio trattamento di fine rapporto. Questa possibilità non sussiste in caso di prestiti contro cessione del quinto, che presuppongono il vincolo del TFR.
Cosa sapere sui piani individuali pensionistici
Farsi domande relative a quale pensione integrativa fare implica un’attenzione specifica anche all’alternativa dei piani individuali pensionistici (PIP).
In cosa si differenziano rispetto ai fondi pensione? Prima di tutto per le modalità di gestione. I PIP sono infatti gestiti da banche o da compagnie assicurative private, che investono in prodotti di diverso tipo i capitali che vengono volontariamente versati dai contribuenti, intenzionati a far fruttare i contributi in questione per crearsi un’ulteriore rendita al momento della fine della carriera lavorativa.
L’adesione ai piani individuali pensionistici è totalmente volontaria e non legata alla condizione professionale del lavoratore.
Quanto si può destinare a un piano individuale pensionistico?
Il lavoratore dipendente che si domanda quale pensione integrativa fare e sceglie un PIP può optare, al momento dell’adesione, per la contribuzione che più si addice alle sue esigenze sia per quanto riguarda l’entità, sia per quel che concerne la periodicità.
Rientra nelle sue facoltà anche la possibilità di versare il flusso del TFR. Molto importante è il fatto che la sottoscrizione del PIP non obbliga il datore di lavoro a nessun contributo Il suddetto, se vuole, ha però la facoltà d contribuire volontariamente al piano.
Concludiamo ricordando che i lavoratori del settore pubblico possono aderire ai piani individuali pensionistici unicamente su base personale e non hanno modo d’iscrivere i familiari fiscalmente a carico.
I PIP – prodotti considerati in generale ad alto rischio – possono essere sottoscritti anche da lavoratori autonomi, che non hanno vincoli relativi alle somme depositabili.