Si può andare in pensione a 57 anni?

Pensione a 57 anni: i nodi da risolvere

Si può andare in pensione a 57 anni? La Riforma Fornero ha lasciato parecchi strascichi negativi. Oltre ai danni oggettivi, come quelli inflitti ingiustamente agli esodati, i lavoratori lamentano condizioni per il pensionamento al limite del sostenibile, soprattutto se si restringe l’analisi ad alcune categorie, come i cosiddetti “precoci”.

Eppure, nonostante un panorama previdenziale estremamente sofferente, e in subbuglio per la pressione esercitata da alcune sigle sindacali, si può andare in pensione a 57 anni, o almeno a un’età più bassa di quella “proposta” dall’allora ministra del Lavoro.

Si può andare in pensione a 57 anni? Il dibattito parlamentare

Sul tavolo delle trattative, ribaltato più volte dagli attori in gioco (lungi dal trovare una soluzione condivisa) c’è soprattutto il tema del prepensionamento, il quale per alcune tipologie di lavoratori appare come una necessità irrinunciabile.

Tra questi spiccano coloro che esercitano una professione usurante, per i quali lavorare fino alla soglia di 70 anni comporta molta fatica e un netto peggioramento della qualità della vita, ma anche i lavoratori precoci, ossia coloro che hanno iniziato a lavorare appena maggiorenni, e si ritrovano a non poter andare in pensione anche se hanno alle spalle quaranta e passa anni di contributi (per l’assenza, a questo punto fisiologica, del requisito anagrafico).

La quadra non è ancora stata trovata, anche perché la coperta è estremamente corta. Il risultato inevitabile è l’esclusione di molti temi dall’agenda legislativa. Quale elemento favorire? La risposta non è stata data e forse non potrà esserlo per i prossimi sei mesi.

Andare in pensione a 57 anni: le opportunità di oggi e le speranze di domani

Attualmente, si può andare in pensione a 57 anni, ma solo in due casi. Se si è casalinghe (o casalinghe) e si è lavoratrici con dei particolari requisiti.

Il secondo caso è noto con l’espressione Opzione Donna, e indica un istituto normativo provvisorio, che deve essere quindi prorogato di anno in anno.

L’iniziativa consiste nella possibilità per le donne lavoratrici di andare in pensione a 57 o 58 anni (dipende dalla natura dell’impiego, pubblico o privato), ma solo se si hanno almeno 35 anni di contributi. Si tratta di una soluzione tampone che può portare dei vantaggi, ma che nasconde alcune insidie.

La pensione, infatti, viene calcolata interamente con il sistema retributivo, quindi alcune aventi diritto scelgono di lavorare qualche anno in più per avere un assegno più consistente.

Il primo caso consiste nella possibilità per le casalinghe di avere una pensione, che però non c’entra nulla con l’assegno sociale, che viene fruito a partire dal 65esimo anno di età (le due formule si escludono a vicenda).

La pensione dipende dai contributi versati e deve essere pari almeno al 120% dell’assegno sociale. In caso contrario, si ha diritto solo a quest’ultimo (dunque si deve aspettare otto anni).

 

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