Flessibilità in uscita pensioni: cosa cambia con la legge di stabilità

Flessibilità in uscita pensioni 2016

La flessibilità in uscita è un tema che sta appassionando l’opinione pubblica. È infatti direttamente correlato a due nervi scoperti: da un lato la difficoltà dei lavoratori a ottenere la pensione, dall’altro la difficoltà dei giovani ad accedere al mondo del lavoro.

È ovvio: se chi lavora è costretto a farlo fino a tarda età, non si creano nuovi posti di lavoro per chi ancora deve iniziare la propria carriera professionale. Il quadro è stato ulteriormente complicato dalla Riforma Fornero, che ha allungato l’età pensionabile, condannando gli over 60 a qualche anno di lavoro in più e innescando un drammatico aumento della disoccupazione giovanile.

Oggi il contesto è mutato e si può pensare a un allentamento del panorama lavorativo. Molto si attendeva, in particolare, dalla Legge di Stabilità. Peccato che abbia deluso coloro che si aspettavano delle novità: è stato lo stesso premier Matteo Renzi ad annunciare che il testo non conterrà, almeno nella sua forma originale, una riforma delle pensioni e quindi delle modifiche sostanziali allo status quo della flessibilità in uscita. Il motivo di questa assenza va rintracciato nell’incertezza sulle coperture (non c’è ancora il via libera dell’Europa sulla possibilità di superare una certa soglia di deficit).

Sono comunque molti gli attori politici e sociali che stanno chiedendo modifiche alla Legge di Stabilità proprio in materia di pensioni. Da un lato ci sono le sigle sindacali, attente soprattutto alla categoria dei lavoratori precoci, dall’altro una parte del Pd e le opposizioni, che chiedono l’introduzione delle quote.

Flessibilità in uscita ultime notizie: proposta Damiano

Per ora, la proposta di Cesare Damiano, esponente democratico e presidente della Commissione Bilancio, è l’unica ad avere possibilità di essere inserita nel testo finale. Questa prevede una specie di quota 97 per i lavoratori “normali” (35 anni di contributi e 62 anni di età) e la possibilità per i lavoratori precoci di andare in pensione anche se non hanno raggiunto i 60 anni. Nel primo caso si registrerebbe una riduzione dell’assegno del 2%. Nel secondo caso non ci sarebbero penalizzazioni.

Flessibilità in uscita part-time: l’idea del ministro Poletti

Per quanto riguarda la flessibilità in uscita, va menzionata la proposta del ministro del Lavoro Poletti, che chiama in causa il concetto di part-time. Si punta a consentire a una determinata categoria di lavoratori di uscire dal lavoro “gradualmente”, dimezzando le ore lavoratore.

La loro busta paga, però, dovrebbe diminuire solo di un terzo. Non sono ancora chiare le implicazioni dal punto di vista dell’occupazione, sebbene sia lecito pensare che ad aumentare – appunto – sarebbero solo i posti di lavoro part-time (che le aziende dovranno offrire per recuperare le ore di lavoro perse).

 

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