APE: quanto guadagneranno le banche dal prestito pensionistico

L’APE, il principale provvedimento del nuovo pacchetto pensioni, potrebbe rappresentare un motivo di grande guadagno per le banche più che un vantaggio per chi vuole uscire dal mercato del lavoro tre anni prima rispetto alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.

Cos’è l’APE?

Cos’è di preciso l’APE? Si tratta di una misura che verrebbe introdotta con la prossima legge finanziaria e che permetterebbe a chi si trova a tre anni dalla maturazione dei requisiti per la pensione di uscire dal mercato del lavoro tre anni prima grazie a un prestito ventennale sottoscritto con istituti di credito convenzionati con l’INPS.

Ovviamente si parla da tempo di risorse stanziate, ma anche di quello che effettivamente guadagneranno gli istituti di credito. Stanno già cominciando a diffondersi alcune cifre, riguardanti prima di tutto l’entità delle penalizzazioni (il prestito verrebbe rimborsato tramite decurtazioni sull’assegno mensile).

Prestito pensionistico: ecco quanto perderebbe ogni mese il pensionato

Continuando a parlare dei costi dell’APE per i pensionati facciamo riferimento alle stime sulle decurtazioni, che parlano di una penalizzazione media del 18% per chi sceglie di abbandonare il mercato del lavoro tre mesi prima rispetto alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia.

La proiezione in questione non considera però un altro costo, ossia quello dell’assicurazione da stipulare per tutelare l’istituto di credito in caso di premorienza del beneficiario del prestito.

Al netto delle spese le penalizzazioni potrebbero quindi essere molto più alte e corrispondere al 25% circa dell’assegno pensionistico mensile.

Quali profitti per le banche dall’APE?

Felice Roberto Pizzuti, professore di Economia presso l’Università la Sapienza di Roma, intervistato dal settimanale L’Espresso ha detto la sua in merito ai profitti che potrebbero arrivare alle banche dall’APE.

Per rendere le cose più chiare ha fatto l’esempio di un pensionato che percepisce un assegno di 1.000€ al mese e che, richiedendo un anticipo di tre anni per quanto riguarda l’uscita dal mercato del lavoro, si trova a rinunciare a circa 3.000€ annui per vent’anni.

Considerando un prestito di 39.000€ circa, è facile capire che il ricavo per istituti di credito e assicurazioni è pari a circa 21.000€.

C’è il rischio d’insolvenza per l’APE?

Pizzuti ha fatto notare anche che non esistono problemi relativi al rischio d’insolvenza, in quanto l’INPS e lo Stato intervengono come garanti per la solvibilità del prestito.

Ha ricordato pure che è ancora prematuro fare previsioni in merito ai costi della manovra, dal momento che entro l’approvazione della Finanziaria potrebbero cambiare molte cose.

Diversi analisti hanno però invitato gli istituti di credito a non abbassare la guardia, dal momento che il prestito pensionistico, con il passare del tempo, potrebbe non rivelarsi vantaggioso.

Per quale motivo? Per aspetti legati al tasso d’interesse che, secondo le stime dell’analista indipendente Andrew Sentance, potrebbe assestarsi inizialmente attorno all’1,1%, una percentuale bassa per via della presenza di una tripla garanzia sulla solvibilità.

 

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