In pensione prima: ecco di quanto diminuirebbero gli assegni

Il tema della flessibilità in uscita è da mesi al centro delle discussioni previdenziali e di governo. Ecco di cosa si tratta e che effetti ci sarebbero sugli assegni andando in pensione prima.

Pensione anticipata: le principali proposte per la flessibilità in uscita

Per quanto riguarda la flessibilità in uscita e la possibilità di andare in pensione prima ci sono due proposte in particolare al centro dell’attenzione mediatica e governativa. Ecco quali sono.

  • Proposta Boeri: secondo il Presidente Inps Tito Boeri, il miglior modo per incentivare la flessibilità in uscita prima dei 66 anni consiste nell’estendere il calcolo della pensione con il sistema contributivo a tutti i lavoratori.
  • Proposta Damiano-Baretta: la proposta di legge a firma Damiano-Baretta consente di andare in pensione anticipata con un meccanismo d’incentivi e penalizzazioni legati agli anni di lavoro in meno o in più.

Pensioni 2015: le due proposte a confronto

Quale proposta sulla flessibilità in uscita conviene di più? L’idea di Tito Boeri per andare in pensione prima impatterebbe meno sulle casse previdenziali, ma avrebbe degli effetti non indifferenti per quanto riguarda la decurtazione degli assegni.

Il disegno di legge Damiano-Baretta penalizzerebbe meno i singoli pensionati, ma inciderebbe molto di più sulle casse dell’ente.

Pensioni anticipate: le caratteristiche delle due proposte

Quali sono le principali caratteristiche delle due proposte che abbiamo appena ricordato? Il disegno di legge a firma Damiano-Baretta prevede come requisito minimo non meno di 35 anni di contributi e un assegno pensionistico pari a non meno di 1,5 volte quello sociale.

Chi sceglie di andare in pensione prima dei 66 anni di età, perde il 2% dell’assegno per ogni anno di anticipo. La penalizzazione massima è pari all’8% e riguarda chi sceglie di andare in pensione prima dei 62 anni.

Novità pensioni 2015: lo studio della Uil

Il sindacato Uil ha effettuato delle proiezioni per capire quali effetti avrebbe sugli assegni mensili la scelta di aderire alla flessibilità in uscita andando in pensione prima. Cosa hanno portato in evidenza i risultati? Una decurtazione degli assegni mensili che potrebbe arrivare al 30/35% del totale, molto più di quanto previsto da Tito Boeri.

Per avvalorare i dati sono stati presentati alcuni casi ipotetici di lavoratori di ambo i sessi. Un esempio? Una lavoratrice dipendente di 62 che ha iniziato a versare i contributi nel 1979, con carriera senza interruzioni e regime misto avrebbe oggi una pensione - con decorrenza da luglio 2015 - pari a 2.163€ lordi mensili, considerando un reddito medio di 39.800€ annui nell’ultimo decennio.

L’applicazione del contributivo porterebbe il succitato assegno pensionistico a subire una decurtazione di circa il 12,67%, con la perdita di 247€ al mese, il che significa più di 3.000€ all’anno in meno.

 

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